CREDITO: niente proroga sulle nuove norme UE di regolamentazione bancaria
  • 28 dicembre 2020

CREDITO: niente proroga sulle nuove norme UE di regolamentazione bancaria

Alto il rischio di un 2021 all’insegna del credit crunch per le Micro e PMI

Da un lato la nuova definizione di default (inadempienza bancaria) che entra in vigore il 1° gennaio 2021, dall’altro le nuove regole sul c.d. calendar provisioning che definiscono tempi certi (automatici e più ristretti) per la copertura integrale con accantonamenti prudenziali dei crediti deteriorati ed incerti.

Nel mezzo le imprese, bloccate dalla crisi del 2020 e con prospettive tutte da riscrivere per un 2021 che inizia sotto il segno dell’incertezza derivanti dalle ondate pandemiche ricorrenti e della speranza dell’efficacia dei vaccini.

Nessun momento poteva essere peggiore per far entrare in vigore norme UE che mirano pur alla stabilizzazione e al rafforzamento del sistema finanziario, scritte tuttavia in condizioni di assoluta “normalità”(2016-2019) e che vanno, invece, a impattare sulle PMI (italiane, ma non solo) stremate dalla crisi e “aggrappate” alle moratorie introdotte nel corso del 2020 e alle iniziative straordinarie di accesso al credito.

Sarà un duro colpo per l’Economia italiana, sistema che si caratterizza nel contesto europeo per:

  • ridotta dimensione di impresa (M-PMI)
  • ridotta autonomia (e programmazione) finanziaria delle imprese
  • strutturale dipendenza dal credito bancario (sistema definibile banco-centrico)
  • forte interrelazione territoriale tra Banche e Imprese (M-PMI).

 

Le difficoltà economiche e finanziarie della pandemia da Covid-19 saranno inevitabilmente ampliate dalle nuove normative UE sul Credito attraverso una crescente selettività degli impieghi bancari, che rischia di far mancare il giusto apporto di credito:

  • proprio in un momento di forte bisogno, per uscire dalla crisi
  • a imprese in difficoltà non strutturale, ma solo temporanea.

 

Vediamo di spiegare il perché con maggior dettaglio.

 

[1] La nuova definizione di “DEFAULT” (inadempienza bancaria)

Abbiamo già dedicato diversi approfondimenti in questa sezione NEWS, ma torniamo a segnalare gli aspetti più “subdoli” della nuova normativa:

  • le Banche saranno tenute (nessuna facoltà, ma obbligo vero e proprio, con rischio di riprese di valore da parte delle autorità di Vigilanza) a classificare a inadempienza una controparte che presenti arretrati di pagamento per oltre 90 giorni consecutivi al di sopra di un valore assoluto o di un valore relativo;
  • SEGMENTO RETAIL o SMALL BUSINESS: per le Persone fisiche e le PMI con esposizioni creditizie non superiori a 1 milione di euro l’importo di impagato/arretrato che fa scattare la segnalazione di default è di soli 100 euro (valore assoluto), o l’1% dell’indebitamento complessivo verso quella banca (valore relativo);
  • per le ALTRE IMPRESE l’importo che fa scattare la segnalazione di default è di 500 euro (valore assoluto), o l’1% dell’indebitamento complessivo verso quella banca (valore relativo);
  • a differenza del passato (e si peggiora molto) non sarà possibile effettuare compensazioni con i margini disponibili (eventualmente) su altre linee di credito;
  • a differenza del passato (e si peggiora molto) non sarà possibile limitare il contagio alle altre linee di credito disponibili presso la medesima banca o gruppo bancario (fatto salvo un mimino di valutazione per la clientela Retail, per la quale la banca ha la facoltà di evitare automatismi di tale effetto-contagio);
  • a differenza del passato (e si peggiora molto) non sarà possibile limitare il contagio alle altre (eventuali) cointestazioni presso la medesima banca o gruppo bancario (rilevano il legame economico ed il legame giuridico);
  • a differenza del passato (e si peggiora oltremodo!) non sarà possibile evitare la classificazione a default sulle linee di credito che beneficiano di misure di concessione, cioè dilazioni o revisioni di pagamento che comportino alla banca una onerosità aggiuntiva pari anche solo all’1% rispetto alla redditività originaria (ristrutturazioni onerose).

 

Ad oggi sono circa 2,7 milioni le imprese che hanno aderito alle varie iniziative di moratoria creditizia nel corso del 2020, per oltre 302 miliardi di euro di finanziamenti e linee di credito “sospese”: cosa succederà a tutte queste posizioni? Dovranno essere riesaminate analiticamente a cura della banca affidante/finanziatrice e, eventualmente, portate ad uno stage (classificazione) peggiore, con conseguente:

  • inasprimento delle condizioni creditizie per l’Impresa, in fase di rinnovo di linea o di nuova richiesta;
  • peggioramento delle possibilità di accesso al credito per l’Impresa, potenzialmente anche “a sistema”, a causa del peggioramento dello status espresso dalla C.R. (Centrale dei Rischi, gestita dalla Banca d’Italia) e tra i principali componenti nel processo di definizione di scoring e rating della impresa richiedente credito;
  • maggiori accantonamenti per la Banca, con maggior assorbimento di risorse patrimoniali e peggioramento dei dati di conto economico.

 

[2] Purtroppo c’è ancora di più:

la nuova normativa del c.d. “CALENDAR PROVISIONING” (copertura temporale dei crediti deteriorati)

Dopo anni di “gestazione” entreranno in vigore nel 2021 le regole definite nel 2018 dalla BCE e nel 2019 dalla Commissione Europea sul c.d. calendar provisioning, in materia di obblighi temporali di copertura, per le Banche e gli Intermediari Finanziari, dei crediti deteriorati (incluse le esposizioni UTP-Unlikely to Pay, cioè inadempienze probabili).

Le nuove norme impongono una svalutazione integrale delle esposizioni non-performing (attraverso accantonamenti prudenziali):

  • in soli 3 anni per i crediti unsecured (cioè per la parte di credito non coperta da garanzie)
  • in 7-9 anni per i crediti secured (cioè per la parte di credito garantita).

E’ ancora una volta la situazione italiana ad avere la peggio: queste tempistiche risultano ancor più stringenti se si considerano i tempi medi di recupero dei crediti e della giustizia civile in Italia.

Sarà poi fondamentale capire quali garanzie possono essere considerate per rendere il credito secured, dovendosi tratare di garanzie certe, esplicite, dirette e incondizionate ai fini della CRR-Capital Requiremente Regulation, quali sicuramente le garanzie reali (ipoteca e pegno per il diritto italiano), nonchè le garanzie di ultima istanza dello Stato (Fondo di Garanzia/MCC, SACE, Confidi in controgaranzia-e-riassicurazione).

 

[1 + 2] QUINDI non è difficile tirare le somme:

  • da un lato le Banche e gli Intermediari Finanziari saranno costretti a classificare in “non performing” una più ampia platea di operazioni e di controparti;
  • dall’altro Banche e gli Intermediari Finanziari saranno indirizzati a ricercare la più alta qualità degli impieghi, per evitare di “bruciare” le risorse patrimoniali di mezzi propri e dover completare così velocemente la copertura di accantonamento integrale delle NPE-non performing exposures.

 

IN CONCLUSIONE viene da chiedersi:

  1. quanta fretta c’è di applicare queste nuove norme, così stringenti (o soffocanti ?) per Imprese e Banche, ideate in momenti di stabilità economica e finanziaria e che dovrebbero – invece – fare il loro esordio in un contesto di piena pandemia o post-pandemico?
  2. che senso avrebbe “immolare” la possibilità di ripresa di milioni di piccole e micro imprese per la tanto agognata stabilità del sistema finanziario continentale? E’ dai “grandi numeri” che dipende la salute di un sistema economico e finanziario, da impatti rilevanti (o “significativi”) e non da partite molteplici e altamente diversificate.
  3. che senso hanno avuto tutte le misure straordinarie di moratoria messe in atto nel 2020 se poi a inizio 2021 – dopo al massimo 9 mesi di tolleranza - il sistema creditizio non può più fare concessioni alle controparti  (se non nel limite di un misero 1% di concessione-su-posizione?)
  4. che senso hanno tutte le misure straordinarie di sostegno all'economia reale se poi a inizio 2021 si obbligano di fatto le Banche e gli Intermediari Finanziari a limitare il proprio apporto di credito?

 

Pessime queste domande,

ma ancora peggiori sembrano essere le risposte per le Micro e PMI provenienti dal Regolatore europeo.